L'espresso del 5 aprile 2001, Maria Serena Palieri."La stagione degli dei"
Recensioni, Recensioni "La stagione degli dei"
scritto da il 30-06-2021 12:10
E l'oppio ci liberò dal male
La malattia? Un maleficio. La cura? Il dialogo con gli dei. Grazie a allucinogeni, cannabis... uno studioso racconta 4 mila anni di trip.
A fine ottocento Fabergé ne produceva di preziose: minute siringhe in oro, smalti e gemme adatte a scomparire nelle pochette di una dama e abbastanza eleganti da potere essere mostrate in pubblico dal politico, lo scrittore, il nobile. Quell'indispensabile oggetto era la siringa intradermica, messa a punto da Charles-Gabriel Pravaz, che consentiva di godere delle gioie della morfina senza le fastidiose, un po' volgari conseguenze (vomito innanzitutto) di un'assunzione per bocca. La cosiddetta "petite Pravaz" veniva usata pubblicamente e più volte al giorno, tra gli altri da Jules Verne e Richard Wagner, mentre Bismarck vi ricorreva quando doveva affrontare una discussone politica. Perché in quella fin de siècle, iniettarsi la parente anziana dell'eroina era un costume sociale ammesso.
La singolare epopea mondana della petite Pravaz torna nel saggio "Le stagioni degli dei. Storia medica e sociale delle droghe" di Henri Margaron, psichiatra e direttore del Dipartimento delle dipendenze patologiche dell'Azienda Asl di Livorno. Margaron effettua una cavalcata nella storia della civiltà. E dimostra che non c'è stata epoca né luogo in cui la droga non sia stata consumata, in virtù di una delle sue duplici risorse: produrre alterazioni degli stati di coscienza o curare l'umore, dando euforia al depresso e calma all'angosciato. Si chiede Margaron:"perché le sostanze che più hanno influito sullo sviluppo della cultura , della scienza e della medicina sono considerate da cent'anni, le più terribili calamità dell'umanità?"
In effetti, osserva Margaron, l'interdetto, nei millenni passati, ha colpito più l'uso eccessivo di del vino che l'assunzione delle altre sostanze...
La malattia? Un maleficio. La cura? Il dialogo con gli dei. Grazie a allucinogeni, cannabis... uno studioso racconta 4 mila anni di trip.
A fine ottocento Fabergé ne produceva di preziose: minute siringhe in oro, smalti e gemme adatte a scomparire nelle pochette di una dama e abbastanza eleganti da potere essere mostrate in pubblico dal politico, lo scrittore, il nobile. Quell'indispensabile oggetto era la siringa intradermica, messa a punto da Charles-Gabriel Pravaz, che consentiva di godere delle gioie della morfina senza le fastidiose, un po' volgari conseguenze (vomito innanzitutto) di un'assunzione per bocca. La cosiddetta "petite Pravaz" veniva usata pubblicamente e più volte al giorno, tra gli altri da Jules Verne e Richard Wagner, mentre Bismarck vi ricorreva quando doveva affrontare una discussone politica. Perché in quella fin de siècle, iniettarsi la parente anziana dell'eroina era un costume sociale ammesso.
La singolare epopea mondana della petite Pravaz torna nel saggio "Le stagioni degli dei. Storia medica e sociale delle droghe" di Henri Margaron, psichiatra e direttore del Dipartimento delle dipendenze patologiche dell'Azienda Asl di Livorno. Margaron effettua una cavalcata nella storia della civiltà. E dimostra che non c'è stata epoca né luogo in cui la droga non sia stata consumata, in virtù di una delle sue duplici risorse: produrre alterazioni degli stati di coscienza o curare l'umore, dando euforia al depresso e calma all'angosciato. Si chiede Margaron:"perché le sostanze che più hanno influito sullo sviluppo della cultura , della scienza e della medicina sono considerate da cent'anni, le più terribili calamità dell'umanità?"
In effetti, osserva Margaron, l'interdetto, nei millenni passati, ha colpito più l'uso eccessivo di del vino che l'assunzione delle altre sostanze...
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